Vajonts 23 – azione corale di teatro civile | Teatro Ariosto

Il ricordo di un momento tragico della storia collettiva del Paese è lo spunto per una riflessione collettiva trasversale a tante realtà, dal teatro al mondo accademico, dalla scuola alle istituzioni, intorno al tema dell’emergenza idrica e del futuro delle nuove generazioni ai tempi della crisi climatica.

A sessant’anni dalla frana del Vajont che costò la vita a duemila persone, in oltre cento luoghi in Italia e in Europa grazie all’impegno di una moltitudine di artisti, Teatri, Centri di produzione, Compagnie di ricerca e del Teatro Ragazzi, Associazioni, Amministrazioni… andrà in scena, contemporaneamente VajontS azione corale di teatro civile.
Un racconto declinato in base alle singole peculiarità dal testo di Marco Paolini nella versione corale curata insieme a Marco Martinelli per il progetto 2023.

A Reggio Emilia, VajontS 23 è messo in scena dalla collaborazione di Fondazione I Teatri, Centro Teatrale MaMiMò, TeatrO dell’Orsa, Associazione 5T.
La regia è di Monica Morini (TeatrO dell’Orsa) e di Cecilia Di Donato (Centro teatrale MaMiMò) con la partecipazione di Bernardino Bonzani, Riccardo Bursi, Cecilia Di Donato, Lucia Donadio, Francesca Grisenti, Monica Morini, Chiara Ticini, del coro composto da allieve e allievi del Teatro dell’Orsa/Casa delle storie e del Centro Teatrale MaMiMò e con la partecipazione della Banda di Felina e i contributi video di Alessandro Scillitani.

Il teatro – aggiungono le registe – è uno strumento potente, serve proprio perché sembra non servire a niente. Centocinquanta luoghi diversi, dai grandi teatri alle realtà più piccole, unite nello stesso momento in tutta Italia, daranno voce al Vajont. È un rito unico, partecipato, intergenerazionale, come il coro che abbiamo coinvolto in scena e la banda di Felina che agirà con noi. Farlo a Reggio Emilia insieme costruisce ponti di senso non solo per fare memoria ma per sentirsi parte di un Noi più grande che si occupa del presente, si accorge di ciò che accade e ne ha cura.”   

 

Noi non siamo scienziati, né ingegneri, né giudici. Non raccontiamo per giudicare ma perché sappiamo che il racconto muove, attiva un algoritmo potente della nostra specie: i sentimenti, le emozioni. Non c’è Ragione senza Sentimento. Le emozioni sono leve che lasciano segni durevoli, avvicinano chi è lontano, le emozioni sono la colla di un corpo sociale. Il Vajont appartiene alla storia d’Italia anche grazie al teatro, dobbiamo usarlo e cercare di far entrare altri racconti nella nostra storia. Perché? Perché ci servono per affrontare quel che ci aspetta. Non per far le Cassandre, ma non è difficile immaginare le prossime emergenze, e dovremo limitare l’uso della parola emergenza. Allora non è difficile immaginare che serva una Prevenzione Civile e non solo una Protezione Civile. (…) La storia del Vajont ci serve perché insegna cos’è la sottovalutazione di un rischio affrontato confidando sul calcolo dell’ipotesi meno pericolosa tra tante. Tra tante scartate perché inconcepibili, non perché impossibili. Non essere capaci di concepire nasce dal non saper vedere un disegno, dal non riuscire a immaginare. Un difetto d’immaginazione, insomma. A noi non viene chiesto di indicare soluzioni: ma di immaginare, raccontare e disegnare. C’è un accumulo di storie che se raccontate bene, in modo etico, possono aiutarci a immaginare l’ignoto per affrontarlo.

Marco Paolini